Fascia inferiore
La fuga in Egitto (attribuito a Pietro Negri)
Sul dorso di un asinello condotto da due angioletti è Maria che allatta il piccolo Gesù: accanto è Giuseppe che indica il percorso. In primo piano,
all'estrema sinistra, un angelo adulto sembra esprimere devota ammirazione per la sacra famiglia; In alto, sopra la Madonna, appaiono due angeli che
suggeriscono l'assistenza divina. L'episodio è descritto in un ambiente caratterizzato da rovine classiche. Data la sua collocazione, il dipinto
dovrebbe datarsi attorno al 1658. L’autore non è stato individuato, e non sembra facile avanzare un'attribuzione convincente. Vittorio Sgarbi ha
proposto il nome di Pierro Negri: questa, allora, sarebbe una sua opera giovanile: è comunque un chiaro esempio di pittura tenebrosa' qual era di
moda a Venezia dopo la metà del XVII sec. la cultura locale non aveva compreso il significato rivoluzionario della luce del Caravaggio, e la ridusse
a semplice espediente spettacolare.
Glorificazione di Bartolomeo Querini (Pietro Ricchi, 1657)
Il podestà mori a Rovigo il 10 novembre 1657, dopo meno di dieci mesi di governo: egli è raffigurato in ginocchio, sulla destra; al centro, dietro la
Carità afflitta, è la Morte che sta scagliando il dardo fatale; alle spalle del podestà è la Città di Rovigo che piange il proprio lutto; in alto a
sinistra compare la Madonna col Bambino. L'ambiente è caratterizzato da una sontuosa scenografia architettonica. L'autore, nato a Lucca ma presto attivo
il Lombardia, nel 1625 si trasferiva a Venezia dove finiva per accogliere le suggestioni della pittura 'tenebrosa', senza però rinunciare all'eleganza
del disegno. Si noti come il podestà non stabilisca alcuna relazione con le figure celesti che pure si rivolgo no a lui (il Bambino Gesù addirittura con
un gesto di benedizione): quasi a suggerire l'idea che la protezione giunge dal cielo senza che ce ne accorgiamo, e che secondo l'ottica della fede è
benedizione anche ciò che crea turbamento e dolore.
Glorificazione di Alvise Foscarini (Pietro Liberi, 1656)
La Città di Rovigo qui rappresentata ignuda, riprendendo un motivo di sapore manieristico presenta il Foscarini alla Madonna che tiene Gesù sulle
ginocchia e appare fra dense nuvole; a terra sono i vizii abbattuti dal buon governo del podestà. Lo sfondo architettonico sulla destra è del tutto
fantastico. Questo è il primo dei tre quadri realizzati dal Liberi per la Rotonda (gli altri sono i nn. 63 e 70). Dopo una gioventù segnata da viaggi
e avventure il pittore padovano prese dimora a Venezia, incontrando il successo nel 1650: quando dipinse il quadro celebrativo del Foscarini, dunque,
era pittore già affermato. Qui il Liberi sintetizza notevolmente la rappresentazione, concentrandola(a differenza del quadro precedente) sull'intensità
del rapporto psicologico fra il podestà e il Bambino Gesù che gli viene presentato dalla Madonna. Il volto del Foscarini ha l'incivisità di un ritratto
atto dal vero.
Adorazione dei pastori (autore ignoto)
Il neonato Gesù, adagiato al suolo su un panno bianco, è adorato da Maria e da un folto gruppo di pastori. La luce intensa emanata dal Bambino fa capire
il significato eccezionale del Pargolo. In alto, alcuni angioletti agitano un nastro con la gitano scritta "Gloria in excelsis Deo et in terra pax
hominibus bonae voluntatis". Anche per questo dipinto, probabilmente eseguito a metà secolo, non si è ancora trovata un'attribuzione convincente. Il
tema ha, com’è ovvio, una lunga tradizione figurativa anche perchè è un chiaro invito all’osservatore ad immedesimarsi nei pastori. La rappresentazione
della scena in situazione notturna si affaccia all'inizio del XV secolo e trova ampia diffusione con il precedere verso un sempre più spinto naturalismo
che coinvolge maggiormente lo spettatore dal punto di vista emotivo Qui l’effetto è esaltato, per contrasto, con l'espediente dei personaggi in primo piano
in controluce.
Incoronazione della Madonna (Francesco Maffei)
Al centro, entro una fantastica gloria di angeli Maria è genuflessa: ai suoi lati sono il Figlio e il Padre che, assistiti dallo Spirito Santo, le pongono
una corona sul capo. In primo piano, a sinistra è s. Giuseppe, a sinistra del quale un angioletto sostiene il bastone fiorito; a destra è s. 45 Giovanni
Battista. Nato in Francia nel XII secolo, il tema espresso inizialmente in termini assai essenziali si arricchì progressivamente di elementi spettacolari,
ma sempre controllati con un ordine rigoroso, raffigurando un Paradiso immaginato come una corte regale terrena, dove i cortigiani erano angeli e santi.
La tendenza realistica sviluppata dal Rinascimento ha portato a sottolineare il Paradiso come luogo diverso dalla Terra, rappresentandolo come spazio sopra
le nuvole, e gli angeli e i santi vi compaiono come elementi che simboleggiano la gloria spirituale. Il Maffei il maggior pittore veneto del XVII secolo ha
realizzato qui un'opera di grande suggestività, fondendo in modo personale gli spunti presi da alcuni pittori del Cinquecento Tiziano, Tintoretto e Veronese,
il dipinto dovrebbe datarsi alla metà del secolo.
Glorificazione di Bertuccio Civran (Francesco Maffei, 1649)
Podestà è inginocchiato al centro: alle sue spalle l'Umilta (che tiene in braccio un agnello) e la Carità (che tiene in mano un cuore) davanti a lui due
putti reggono un fascio di spighe, di alloro e di rami di palma, a simboleggiare l'abbondanza, la gloria e la pace, in alto a sinistra una corona di
angeli circonda l'apparizione della Vergine che consegna al Bimbo una rosa. pur non occupando il centro della tela, il podestà il protagonista della
composizione stagliandosi davanti alla colonna che separa le due parti del quadro a destra le e la suggestiva scenografia, a sinistra il riferimento
religioso entro una cornice circolare di nubi e di angeli: organizzazione semplice e fluida, realizzata con grande freschezza pittorica.
Glorificazione di Giovanni Cavalli (Francesco Maffei, 1646)
Inginocchiato al centro, il podestà è raffigurato con i suoi collaboratori mentre è assistito della Giustizia e dalla Prudenza. La giustizia dialoga
con S. Bellino che ha il braccio destro teso verso la Madonna ma con la mando indica l’acidaro (il copricapo dogale) portato da due putti. A lato
della Madonna è inginocchiato S.Giovanni evangelista che con il gruppo di cavalieri sottostante allude al nome del podestà Questo è il secondo quadro
celebrativo realizzato per la Rotonda, ed è il primo dipinto realizzato dal Maffei per Rovigo. Pur mostrando una grande abilità nella stesura pittorica,
qui l’artista mostra di faticare un po’ nell’organizzazione le tante figure denunciando una certa rigidezza anche nei ritratti dei collaboratori del
podestà raggruppati a destra.
L'Annunciata e L'angelo annunciante (autore ignoto)
Maria, sorpresa dall’arrivo dell’angelo, si svolge di scatto; su di lei scende lo Spirito Santo. Recando un giglio bianco, simbolo di purezza, il
messaggero di Dio entra dall’alto nella casa di colei che accetterà di diventare la madre del Redentore. Le figure di questa coppia di quadri sono piuttosto inerti.
Glorificazione di Pietro Morosini (Antonio Randa, 1644)
Il podestà è inginocchiato davanti alla Madonna che appare fra i ss. Francesco d’Assisi e Domenico di Guzman; accanto al Morosini sono una cornucopia e,
al margine sinistro della tela una gru regge un sasso, simbolo di vigilanza. Alle spalle del podestà si evidenzia una figura che potrebbe essere lo stesso
pittore; in fondo, sotto il portico, si scorgono i due regolatori Giovanni Durazzo e Sertorio Casalini, in carica in quel periodo. Nel paesaggio di sfondo
è raffigurato il castello di Rovigo davanti al quale compaiono dei cavalieri; altri cavalieri compaiono da destra altri ancora sui vedono correre nella
campagna. La dedica fa capire che la tela esprime la gratitudine del podestà per una grazia ricevuta: probabilmente allude alla guerra di castro che;
combattuta nel periodo del suo governo si svolse anche ai confini del polesine ma risparmiò il territorio. La parte più rilevante della decorazione della
Rotonda è cominciata con questo quadro commissionato, forse dallo stesso podestà, al pittore bolognese allora attivo a Rovigo da un decennio. L’esecuzione
diligente e la composizione chiara ma ormai convenzionale (derivate anche dalla formazione emiliana del Randa, di cui, per altro, si sa molto poco)
rivelano un autore dotato di buona professionalità; ciò non di meno il quadro appare costruito senza il sostegno di una vera idea di sintesi.
Glorificzione di Scipione Boldù (Giovanni Battista Rossi, 1648)
Anche qui il podestà è inginocchiato, ma i due regolatori ( gli stessi Durazzo e Casalini citati al n.50) gli sono accanto a venerare la Madonna che appare
fra i ss. Stefano papa e Giustina, patroni delle due parrocchie di Rovigo. Anche qui non è stato individuato il personaggio che compare all’estrema
sinistra, fra le due statue che alludono alle virtù della Fede e della Speranza. L’attribuzione di questo dipinto è accettata concretamente anche se con
qualche prudenziale riserva. Sul Rossi, del resto, si sa molto poco: allievo del Padovanino a Venezia, egli era nato a Rovigo nel 1627 ca.: questa, dunque,
sarebbe una sua opera giovanile: il che può spiegare qualche rigidità nelle figure sacre, elaborate di fantasia e la maggior franchezza nei ritratti. SI noti
come le figure allegoriche sono contenute in termini di mero contorno, mentre in quasi tutti gli altri dipinti celebrativi hanno un ruolo primario.
Visitazione (Giovanni Brunelli, 1650)
L'incontro di Maria e l'anziana parente Elisabetta avviene in uno spazio pubblico frequentato da gente di ogni tipo : può intendersi come allusione alla
Corporazione dei mercanti che commissionò l'opera. L'ambiente è ca ratterizzato da una loggia monumentale. La corona di angioletti che scende dal cielo fa
capire che quanto sta accadendo sotto di essi è un avvenimento che coinvolge la divinità. La coppia di colombe bianche in alto a sinistra potrebbe essere
simbolo dell'amore cristiano. In fondo a destra è raffigurata la Rotonda. l soggetto è desunto dal Vangelo di Luca (1, 39-45). A nche in questo caso ci si
imbatte in un pittore mal cono sci uto e certamente poco brillante: se l'intenzione di attualizzare l'episodio poteva essere interessante (non si dimentichi
che l'intitolazione ufficiale della Rotonda è alla Visitazione di Maria), la realizzazione rimane debole per la durezza del disegno e la modestia del colore.
Glorificazione di Sante Moro (Francesco Maffei, 1653)
Il podestà, inginocchiato al centro, è contornato da figure terrene e celesti. In basso sono le allegorie: da sini stra: Ve nezia (che ha ai piedi il leone
alato), l'Abb ondanza, il povero che ha alle spalle l'Amo re per i poveri (che tiene in mano una f iamma); a destra la Virtù che scaccia i Vizii. In alto
a destra compare la Madonna fra angeli musicanti. Rispetto ai precedenti quadr i celebrativi (nn. 6 e 7) qui il Maffei mostra una capacità compositiva
più matura e articolata, collocando le f igure allegoriche in modo da cost ituire delle seq uenze che rimandano al protagon i sta: anche l'apparizione
celestiale alle spalle del podestà rende più giustificabile che questi si volga verso l'os servatore. La qualità pittor ica, decisamente alta, tocca gli
effetti più suggestivi nelle figure di sinistra.
Glorificazione di Benedetto Zorzi (Autore ingnoto, 1655)
Il gruppo in basso, sulla sinistra, mostra l'Abbondanza, la Giustiz ia, la Virtù e la Prudenza che circondano il po destà, presso il quale è anche una
gru che regge un sasso; in alto appare la Madonna fra i santi Benedetto da Norcia e Giorgio, allusivi al nome del podestà. Lo sfondo presenta a sinistra
architetture classicheggianti, a destra un castello (la torre richiama immediatament e il mastio del castello di Rovigo) in riva ad un fiume su cui
galleggia un mulino ad acqua; e ancora una chiesa, alcuni casolari e gente che si muove indaffarata sulle rive del fiume. Un tempo attribuito ad Antonio
Servi, questo quadro gli è stato tolto dallo Sgarbi: la qualità è troppo scadente per far pensare ad un professionista per quanto mediocre.
Assunzione della Madonna (Giovanni Coli e Filippo Gherardi)
La Madonna è portata in cielo fra una glor ia di angeli; due di questi, in alto, recano la corona (a sinistra) e il giglio bianco (a destra); un altro
angelo, in basso a destra, sparge rose. Nella Chiesa cattolica l'assunzione di Maria è stata definita come dogma nel 1950, ma la sua tradizione è do
cumentata almeno dal Il secolo . L'attribuzione al duo Coli e Gherardi - attivo a Venezia fra il 1662 e il 1669 - impone di conclude re che per molti
anni questo tratto di parete sia rimasto spoglio, mentre già nel 1658 si cominciava a decorare la fascia su periore. D'altra parte, la qualità del
dipinto rende difficile sostenere l'antica attribuzione ad un dilettante rodi gino. La semplicità della composizione è solo apparente : gli angeli
raffigurati di scorcio sugge riscono movimenti di ro taz ione che imprimono un forte dinamismo all'insieme, valorizzando la rotazione del busto di
Maria. La fragranza della pittura è particolarmente evidente nella luce perlacea delle stoffe.
Fascia superiore
Glorificazione di Almoro Dolfin (Antonio Zanchi, 168)
Il podestà, inginocchiato, è accompagnato da tre figure allegoriche sula destra: quella seduta tiene in mano il caduceo, simbolo di equilibrio; le altre
due non sono identificabili per insufficienza di attributi simbolici evidenti; dietro a questo gruppo, separati da una quinta di nuvole, compaiono la
Madonna e il Bambino e due santi che dovrebbero essere Francesco d’Assisi e Bellino; in basso a sinistra si intravede la rappresentazione di una città
gravata da un cielo plumbeo, che dovrebbe essere Rovigo. Lo Zanchi – morto più che novantenne nel 1722 – fu uno dei protagonisti della pittura “tenebrosa”,
anche se nella vecchiaia mostrò di indebolire il proprio carattere espressivo. Dei suoi tre dipinti per la Rotonda, questo è l’ultimo, ma appartiene ancora
alla piena maturità dell’artista. Dietro al Dolfin le figure allegoriche e quelle sacre si raggruppano con ordinata vivacità in uno spazio reso irreale dalla
presenza delle nuvole, rendendo ancor più suggestivo lo squarcio naturalistico del paesaggio.
Glorificazione di Giovanni Giustiniani (Andrea Celesti, 1681)
Il podestà, inginocchiato ai piedi della Madonna che appare sfolgorante fra la nubi: ma egli fissa l’attenzione sul gruppo che ha davanti a sé: tre
figuri virili riverse dominate da una quarta, coronata, che tiene delle catene, e comunemente interpretate come i quattro fiumi del Polesine (la figura
coronata rappresenterebbe il Po, le altre l’Adige, l’Adigetto e il Tartaro-Canalbianco), le cui acqua sono costrette entro argini pensili; sulla destra,
in primo piano, la Vigilanza (che regge una lucerna accesa) riceve da un paggio il modello delle città di Rovigo; dietro, a destra, una donna tiene in
braccio un cane e per ciò potrebbe rappresentare la Fedeltà; a sinistra la Giustizia. Accanto alla Madonna e sopra il podestà appare s. Giovanni Battista.
Anche qui la retorica barocca è profusa a piene mani, ma la scena, imposta su fasce oblique, non ha bisogno di pose troppo caricate per risultare vivace,
In questo quadro la pittura spumeggiante tipica dell’artista conferisce all’insieme una levità particolare, avvolgendo la figura del podestà in un’atmosfera
fantasmagorica, quasi che il Giustinian sia portato nella gloria celeste anziché essere le figure del cielo ad apparire al livello dei comuni mortali.
Glorificazione di Nicolò Balbi (Autore ignoto, 1680)
Il podestà, inginocchiato a venerare la Madonna in un arioso scenario architettonico, è circondato da quattro virtù: la Giustizia, la Fortezza, la
Prudenza e la Temperanza. All’estrema destra compare la Città di Rovigo; alla parte opposta sono i due fiumi Po e Adige. Le attribuzioni avanzate per
questo quadro non sono risultate finora convincenti. Più che nelle altre tele della Rotonda qui l’architettura ha un valore che è non solo di sfondo o di
decorazione ma anche di forte caratterizzazione dello spazio in cui le figure si inseriscono in modo organico, anche se la composizione è scopertamente
retorica, così anche l’atteggiamento del podestà mostra di essere più di propaganda che di devozione.
Glorificazione di Tommaso Querini (Antonio Randa, 1626)
Il podestà è inginocchiato ad adorare il bambino Gesù che gli viene presentato dalla Madonna, la quale ha ac canto s. Francesco d'Assisi. Le importanti
ricerche di Carla Boccata e M. Teresa Pasqualini Canato hanno permesso di definire la vicenda di questo dipinto di cui già si sapeva che era stato
ingrandito per poterlo inserire nella serie celebrativa de i podestà: il pavimento e la quinta architettonica con il drappo sono, infatti, frutto di
aggiunte che, invero, appesantiscono la composizione iniziale . La tela, realizzata sùb ito dopo l'uscita del Querini dall'incarico a Rovigo, in origine
era esposta nell'aula ottagonale della chiesa, ciò che permette di capire come la realizzazione de i grandi teleri, avviata nel 1644, sia frutto di
un'evoluzione di un'idea già presente e che si può immaginare stimolata dal grandi esempii di altre città venete, a cominciare, naturalmente, da Venezia
e dal suo Palazzo Ducale. L'attribuzione al bolognese Anton io Randa e l'epoca di realizzazione del dipinto possono spiegare sia la sostan ziale chiarezza
della concez ione che la scarsa ènfasi celebrativa, come emerge dal confronto con le altre tele.
Glorificazione di Carlo Bellegno (Giulio Cirelli, 1672)
Attorno la podestà inginocchiato sono tre grupp i: a sinistra in alto la Madonna con il Bambino fra i santi Bellino e Anton io di Padova; in basso
l'Abbondanza che sv uota la cornucop ia in grembo alla Città di Rovigo; a dest ra la Giustizia, la Temperanza, la Fortezza e la Prudenza. Fra Rovigo e
il podestà è la f igura allegorica del Po. Malgrado le figure siano atteggiate a gesti impetuosi, l'insieme è piuttosto statico. Complessivamente l'opera
è abbastanza gradevo le, ma non riesce a superare la convenzionalità.
Glorificazione di Domenico Zen (Pitero Vecchia, 1669)
È l'unico quadro della serie in cui non compare la Madonna. La Fama presenta il provveditore (lo Zen sostituì il podestà Alessandro Contar ini che era
stato nominato procuratore di S. Marco) al Cr isto risorto, dietro al quale la Benignità fa uscire latte dalle mammelle; a destra, sempre in alto, la
Misericordia e la Giustizia celesti assistite dallo Spirito Santo, a cui corrispondono, in basso, la Pace e la Giustiz ia terrene e, in fondo, l'Amicizia
e la Verità; sulla sinistra è l'Abbondanza, dietro la quale due giovani donne si abbracciano; in fondo un angelo con la spada fiammeggiante scacc ia la
Discordia. Qui il pittore ha realizzato una scena ecc itata graz ie all'organizzaz ione delle numerose figure (sono ben 16) se condo linee diagonali
parallele fra loro, ed enfatizzando anche la profondità spaziale con un abile gioco di se quenza di piani esaltato dalla visione dal basso, e def inendo
tutto con luce cristallina e intensa, e con un tono cromàtico argenteo.
Glorificazione di Zaccaria Vendramin (Pietro Liberi, 1663)
Di fronte all'apparizione della Madonna (qui rappresentata senza il Bambino che pure è il centro della fede cri stiana) il podestà si inginocchia
guardando, tuttav ia, l'osservatore. Le figure allegoriche che circondano il Ven dram in sono nella parte centrale l'Abbondanza e, dietro, la Pace;
sulla destra, in primo piano è la Fede, dietro di lei la Prudenza e, oltre un'altra figura femmini le non individuata, la Fama. Notevole è la natura
morta sopra la lapide dedicator ia in basso a sinistra. Rispetto alla tela dipinta pochi anni prima dallo stesso artista (v. n. 3 della fascia inferiore)
la composi zione risulta un po' più articolata e di gusto più scopertamente teatrale , anche per la presenza di un maggior numero di figure.
Glorificazione di un provveditore alla sanità (Antonio Triva, 1658)
L'ignoto personaggio ed un suo paggio si inginocc hiano davanti alla Madonna che appare avendo accanto a sé s. Sebastiano, protettore contro le pestilenze
perché sopravvisse alla trafittura delle frecce (che nell'antichità classica erano collegate alle pestilenze provocate dal dio Apo llo). Opera abbastanza
convenzionale ma no n priva di elementi pregevoli come la vigorosa testa del protagonista.
Glorificazione di un provveditore alla sanità Andrea Molin (Antonio Triva, 1658)
Il provveditore, accompagnato da un servo moro, è inginocchiato e ìndica all'osservatore la Madonna che sta conversando con s. Rocco (protettore, assieme
a s. Sebastiano, contro le pestilenze), a cui è accanto il cane che gli portava il pane quando giaceva ammalato di peste dopo che era stato contagiato
durante l'assistenza ai malati . Il Bambino osserva un mazzo di rose, allusione a Rovigo. A nche qui, come nel pendant, il ritratto del provveditore è la
parte meglio caratte rizzata.
Glorificazione di Marco Michiei (Autore ignoto, 1666)
Dietro al podestà inginocchiato, oltre ad alcuni angeli (due dei quali, in alto, recano i simboli della giustizia) , compaiono, a sinistra, la Fortezza
e la Carità; a destra le allegorie del Po e dell'Adige; in alto appare la Madonna con il Bambino . Riguardo all'attribuzio ne questo dipinto, sul quale
manca la doc umentazione, pone un problema per ora non ri solto. Dal punto di vista stilistico esso fa pensare che l'autore sia stato il Padovanino, ma
il pittore morì nel 1649, mentre gli stemmi hanno portato a identificare il podestà in Marco Michiel, che fu a Rovigo ne l 1665-66. Comunque sia, tra
i quadri celebrativi dei podestà questo ha l'impostazione più naturalistica e tranquilla, suggerendo una sensazione di pacata sere nità.
Glorificazione di Leonardo Donà delle Rose (Giovanni Carboncino, 1670)
Di fronte alla Madonna che appare fra cumuli di nubi, s. Anton io di Padova intercede per il provveditore straor dinario (che sostituì il podestà
Lorenzo Cappello, morto appena giunto a Rovigo), il quale è affiancato dalla Giust izia e dalla Carità; fra queste due co mpare la Città di Rovigo.
Dopo tante incertezze nell'attribuz ione di questa tela, il cui carattere accademico non nasconde una apprezzabile dignità formale, sembra sostenibile
l'individuazione dell'autore in Giovanni Carbonc ino, pittore veneziano assai poco documentato, le cui ultime notiz ie sicure ci dicono che era ancora
in vita nel 1692 , quando doveva avere poco più di 60 anni. Anche qui il personaggio celebrato, pur se in ginocchio, a tutto sembra pensare eccetto
che a s. Antonio che intercede in suo favore presso Maria (mentre il bambino Gesù è anch'egli distratto...).
Glorificazione di Antonio Loredan (Antonio Zanchi, 1673)
Circondato dall'Ab bondanza, dalla Giustiz ia e dalla Prudenza, il podestà è in ginocchio e tuttavia non semb ra interessato all'apparizione della
Madonna. Questo è il primo dei dipinti realizzati dallo Zanchi per la Rotonda, e precede gli altri di una decina d'anni. L'insieme non brilla certo
per originalità di concezio ne, ma è condotto con grande abilita d1 me stiere, e risulta piacevole per il cromatism o intenso e la luce calda tipici
dell'artista.
Glorificazione di Antonio Sagredo (Pietro Liberi, 1675)
Il podestà è inginocchiato in adorazione di Gesù bambino che, su invito della Madonna, lo benedice. A sinistra, due figure virili stese a terra
rappresentano i Vizii sconfitti dalle virtù del Sagredo; sulla destra due coppie di figure femminili sono intente l'una a scrivere, l'altra a consultare
una mappa, probab ilmente per alludere ad ini ziative del podestà. Vicino alla prima coppia è un'oca che tiene una zampa su un'arnia attorno alla quale
volano molte api; più in là, al suolo sono sparpagliate molte pannocchie di mais: rispettivamente possono essere inter pretate come simboli di fecondità,
di operosa concordia civile e di abbondanza. Sopra la seconda coppia è so speso un serpente che mordendosi la coda forma un cerchio, simbolo del tempo
infinito. Lavorando per la Rotonda vent'anni dopo il suo primo intervento (v. n. 3 della fasc ia inferiore) il Liberi riprende lo stesso spunto del
rapporto psicologico intenso che qui è fra il podestà e il piccolo Gesù (è l'unico quadro, questo, in cui è chiaro il ruolo di Maria come mediatrice
fra l'uomo e Dio), così come vi ene ripresa l'impostazione diagonale sottolineata da cumuli di nubi dai toni cupi ma dai bordi illumi.nati. Qui per?
l'apparizi.one vviene nella parte mediana della tela, così da equilibrare la presenza de lle f1gure allegorrche che rremp1ono la parte bassa del dipinto,
opportunamente scalate per assec ondare la diagonale che divide in due il rettangolo figurativo.
Glorificazione di Giulio Gabriel (Antonio Servi, 1677)
In alto a destra appare la Trinità adorata dalla Madonna; all'angolo opposto, davanti a un classicheggiante edif icio circolare , è il podestà attorniato
dall'Amore paterno (la figura a sinistra, che tiene un pellicano che nutre i figli), dalla Ver ità, dalla Grazia (intesa come virtù umana, in quanto
indicata dalla statuetta classica delle tre Grazie), dalla Fama e dall'Abbondanza; in basso a destra un soldato alza la spada contro due infedeli. A
dispetto della gesticolazione esagitata le f igure non si muovono.
Glorificazione di Giovanni Battista Foscarini (Giulio Cirelli, 1678)
In alto, al centro, è la Madonna vene rata da s. Giovanni Battista; in basso, ancora in posiz ione centrale, è il po destà di fronte al quale si inchina
la Città di Rovigo; accanto a questa è il Po le cui acque la separano dalla Città di Ferrara seduta in basso a destra. Le due figure femminili al lìmite
del quadro probabilmente alludono alle Elìadi, sorelle di Fetonte (che con il carro del Sole fu precipitato nel fiume Po) le quali, perché cessasse il
loro pianto causato dalla morte del fratello, furono da Zeus tramutate in pioppi. A lle spalle del podestà, davant i ad un forte motivo architettonico
sono la Vigilanza e la Fede. Rispetto all'altro quadro (v. n. 5), dipinto cinque o sei anni prima, il pittore mostra un più convincente coordi namento
delle figure.
Assunzione della Madonna (Giovanni Coli e Filippo Gherardi)
Il podestà morì a Rovigo nell'ottobre 168 2, quattro mesi prima di concludere il mandato: questo spiega l'atmo sfera notturna e anche la scelta delle
figure allegoriche che circondano il podestà inginocchiato davanti alla Ma donna: in alto compare la Fama (a sinistra); alle spalle del podestà è Àtropo,
quella delle tre Parche che aveva il compito di rec idere il f ilo della vita: dietro di lei,infatti, compare la Morte ; sulla destra, sia la Città di Rovigo,
vestita a lutto , sia l'Adige manifestano l'afflizione per l'evento. Il confronto con il quadro adiacente (n. 1), realizzato solo due o tre anni prima,
permette di osservare che lo Zanchi realizza una composizione più ser rata e inserisce con maggior decisione il podestà nel gruppo delle figure sacre e
allegoriche.
Fascia intermedia
Le opere raffiguranti Santi e miracoli, che occupano la fascia intermedia delle pareti interne del Tempio, sono presenti nella sezione Miracoli del sito.
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